Questa mattina, nonostante un sincero augurio di Buon Risveglio, ho ripreso conoscenza con questo pensiero in testa.
E' il buio la condizione naturale dell'universo, almeno per quanto può concernere un essere umano. La luce è una condizione accessoria, l'effetto collaterale della nostra posizione nello spazio e della rotazione terrestre, ma tutto tende all'oblio e all'entropia. La vita di per se, nella sua accezione più ampia, è una battaglia persa, una lotta vana, che culmina inevitabilmente con il non essere. La natura perversa del mondo si rivela proprio qui: tutto è un vuoto a perdere, le nostre azioni, il nostro tempo, tutto ciò che l'umanità è o sarà o è stata, tutto è destinato a sparire, ingoiato e digerito dal tempo e dal pianeta, prima o poi non rimarrà nessuno per ricordare, i nostri errori non insegneranno più nulla. Se vogliamo tutta la nostra civiltà è aria fritta. A cosa serve lottare, arricchirsi, amare e soffrire se poi si muore? Cosa è rimasto delle imprese titaniche dei nostri deboli antenati, del loro sudore e del loro sangue se non la mera curiosità accademica e qualche mucchio di sassi che prima o poi sarà roso dal tempo e che nessuna valenza ha nell'universo se non testimoniare, per un periodo di tempo limitato, la nostra impermanenza e i nostri deliri?
Siamo schiavi di questo più grande processo che è la natura e, appunto, della vita nella sua accezione più ampia, il libero arbitrio serve giusto per prenderne coscienza, niente di più. Il perchè la vita c'è e quale funzione abbia questo non lo so, il suo significato mi sfugge e la trovo abbastanza sgradevole, comunque sia, se ha una funzione, se abbiamo una funzione in quanto sue espressioni, questa deve essere ben diversa da ciò che pensiamo. Avremmo dovuto leggere meglio le norme del contratto prima di farci sbattere qui. Nel complesso penso sia stata una bella fregatura.
Niente arriva mai ad un compimento, prendiamo ad esempio quello che probabilmente è il segreto della felicità: morire giovani, facendo ciò che si ama e senza aver realizzato nemmeno un sogno. Beato sia colui che non ha provato la pena di vedere le proprie aspettative realizzate. Raggiungere un obbiettivo è una sventura indicibile. Non siamo fatti per essere soddisfatti e non lo saremo mai: realizzare un sogno è la morte del sogno stesso immolato alla violenza cupa della realtà, soddisfare un qualunque tipo di bisogno è creare uno nuovo bisogno, sempre, comunque, ad aeternam. La felicità è un riflesso condizionato, niente più che lo sballo di una droga interiore, dopo tutto.
E poi, perchè esiste, per talune creature, l'angoscia? Che significato ha? Non mi venite a dire che è una questione di coscienza, perchè ci sono ansie innate che sono destinate solo a peggiorare: a chi di voi piace ammalarsi? A chi piace pensare al proprio corpo che istante dopo istante si avvia verso il suo disfacimento? A chi l'idea di morire dopo i proprio propri cari? Cosa farne di ogni colpo subito, da cui certo ci siamo rialzati, ma che lascia sempre un segno, botta su botta, in accumulo, sempre, di continuo? Si certo, ciò che non ci uccide ci rende più forti, i più forti del cimitero.
Bene, adesso si che ho voglia di affrontare attivamente la giornata e ringraziare per l'infinita profondità di ogni istante. Grazie cervello, grazie.
ho sempre pensato tutte queste cose, solo che non sarei mai riuscia ad esprimerle in modo così chiaro a parole. il fatto di pensarla sempre come te mi preoccupa. mi fa sentire una persona orribbbbile!!!! hahahhaahhahah!!!!
RispondiEliminaSCRIVI troppo spesso. smettila dai......... :-)
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